GIOVANNI MALAGODI, UNA CULTURA APERTA, MEDITERRANEA.
di Beatrice Rangoni Machiavelli
Giovanni Malagodi era stato eletto alla Presidenza del Senato della Repubblica il 22 aprile 1987 e mi aveva voluto con sé come responsabile della sua segreteria, mentre il Senatore Umberto Bonaldi era il suo Capo Gabinetto.Un giornalista di un importante quotidiano europeo aveva chiesto di intervistarlo e lo avevo accompagnato nello studio del Presidente.
Non ricordo in che lingua si svolgesse il colloquio, ma non è significativo visto che Giovanni Malagodi parlava l'inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo come l'italiano. L'ho sentito più volte, quando era Presidente dell'Internazionale Liberale, passare da una lingua all'altra senza nemmeno accorgersene, così come poteva parlare a braccio su qualsiasi argomento in ognuna delle lingue che conosceva. Traduceva lui stesso le risoluzioni e i documenti più importanti per avere la certezza che il significato politico di ogni frase corrispondesse esattamente all'originale.
La prima domanda dell'intervistatore verteva sulla sua formazione, sulle sue letture, sui suoi studi.Malagodi rispose: "ho letto tutto quello che di importante è stato scritto in spagnolo, inglese, tedesco, francese e italiano".
Il giornalista lo guardò incredulo: ma ciò che più colpiva era il modo in cui lo aveva detto, come se fosse la cosa più normale e consueta.
La sua cultura spaziava in tutti i campi. Non credo fosse facile incontrare qualcuno che - come lui - rappresentava la summa di una civiltà, quella europea, che affonda le sue radici millenarie nel Mediterraneo.
Come il filosofo e scrittore Salvador de Madariaga, suo grande amico e collaboratore della "Tribuna" per tanti anni, pensava che prima di tutto bisognava conoscere e amare l'Europa. L'Europa nella quale risuona la risata di Rabelais, splende il sorriso di Erasmus e scintilla il perenne acuto spirito di Voltaire; mentre le stelle del firmamento spirituale sono contemplate dallo sguardo lungimirante di Dante, dall'occhio chiaro di Shakespeare, da quello tormentato di Dostoevskij o da quello sereno di Goethe. Malagodi citava spesso quest'ultimo: "un'opera d'arte può fare a meno di tutto tranne che di un motivo unificante". Considerava come la principale sfida europea quella di riuscire a governare la democrazia di massa della complessa società industriale nella libertà e con la libertà.
In Europa sono stati concepiti l'enigmatico sorriso della Gioconda e le creazioni marmoree di Michelangelo, in Europa si è sentita per la prima volta la sublime tensione delle fughe di Bach; sempre in Europa Amleto riflette sul suo mistero di essere o non essere,mentre Faust si rifugia nell'azione per evitare l'amarezza del pensiero. Don Giovanni insegue la sua disperata ricerca dell'ideale in ogni donna che incontra e il Cavaliere della Mancha cavalca nella polverosa pianura della Spagna centrale in cerca della realtà attraverso l'illusione...
Newton e Leibniz erano la misura di ogni cosa, in questa Europa dove abbondano le cattedrali nei loro ornamenti di pietra e dove le città e i villaggi sembrano cesellati nello spazio dallo scorrere del tempo, ma l'Europa nella quale uno spagnolo parla della "nostra Chartres", un inglese della "nostra Cracovia", un italiano della "nostra Copenaghen" o un tedesco della "nostra Bruges", purtroppo non è ancora una realtà. Lo sarà solo quando lo spirito che guida le nostre azioni sarà capace di portare a termine questa straordinaria e ambiziosa impresa.
Molti sono gli esempi, attraverso i secoli, della capacità, di chi è particolarmente dotato di intelligenza, di capire con molto anticipo, il corso degli avvenimenti - come qualcuno che, dalla cima di una montagna, può osservare tutto il percorso di un fiume che scorre nella pianura sottostante, mentre chi non è così in alto non riesce a scorgere che il tratto del fiume che gli sta davanti.
Malagodi valutava gli avvenimenti e proponeva soluzioni politiche secondo un metro che non era quello di tutti. Spesso sono dovuti passare anni prima che fosse compreso fino a che punto avesse ragione: sorprendenti sono i tanti esempi dell'attualità delle sue affermazioni.
Era un europeista profondamente convinto che l'Europa unita fosse l'unico futuro auspicabile e possibile per i popoli del nostro continente.
Nell'aprile 1990, esattamente un anno prima della sua morte, aveva scritto per Libro Aperto un articolo sul dovere dell'Europa verso l'Est e verso il Sud. Affermava fra l'altro: "Nel 1989 è scoppiata la rivoluzione dell'Est. E fra i paesi dell'Occidente si è diffusa immediatamente la desiderio di aiutare i fratelli "liberati" ed è stata istituita una apposita Banca Europea di Ricostruzione e di Sviluppo, la BERD.
Non meno immediatamente si sono levate le preoccupazioni dei paesi del Sud. Potrà l'Europa tener fede ai suoi impegni verso l'America Latina e l'Africa? Non vorrà dare la priorità ai paesi dell'Est? Non si nota già un declino nel Sud degli investimenti privati? E il declino c'è infatti: è poco probabile che un privato investa in Paesi stra-indebitati, che continuano ad essere male amministrati, con disavanzi di bilancio e tassi di inflazione paurosi.
In verità l'Unione Europea si trova dinanzi a un compito immenso: fronteggiare le necessità dell'Est senza per questo dimenticare quelle del Sud; deve essere generosa, giusta e forte.
Generosa: dobbiamo fare i sacrifici occorrenti per il Sud e per l'Est.
Giusta: dobbiamo predicare senza sosta i diritti umani che sono alla base della nostra religione civica.
Forte: dobbiamo essere pronti a difenderci prò aris et focis se dall'una o dall'altra parte si dovesse minacciare la pace e la civiltà dell'Occidente. Dobbiamo rendere chiaro a tutti che non vogliamo ne aggredire, ne opprimere, ne tenere sottomessi quelli che vogliamo invece promuovere nell'umanità. Ma non meno dobbiamo rendere chiaro che non siamo disposti a tollerare una minaccia o un attacco contro i valori che sono essenziali per noi e che vorremmo divengano essenziali anche per loro. Solo a questo prezzo potremo affrontare alcuni compiti che rispondono a un imperativo morale. Compiti negativi: come la lotta contro la droga, le malattie nuove, la criminalità organizzata, il terrorismo. Compiti positivi: come il riscatto e la difesa dell'ambiente, la cultura, lo spirito di responsabilità e di religione. E solo a questo prezzo potremo diffondere la pace e la civiltà".
Giovanni Malagodi sosteneva che le istituzioni valgono poco se non si fondano su una forte società civile. La società civile incorpora in sé i diritti umani, che non sono necessariamente gli stessi in tutto il mondo, ma medesima è la loro base: giustizia, libertà, responsabilità, solidarietà.
Ho cercato di essere coerente - nell'impegno politico della mia vita - con gli insegnamenti morali, ancor prima che politici, di Giovanni Malagodi.
Quando sono stata eletta alla Presidenza di una delle sei istituzioni dell'Unione Europea, l'Assemblea Economica e Sociale, ho messo al centro del mio programma il rafforzamento e la promozione della società civile. Non è un obiettivo facile da realizzare. Ma il - per altri versi deludente - Vertice di Nizza, ha almeno modificato l'articolo 257 che concerne il Comitato Economico e Sociale (CES) e che ora recita testualmente: "II Comitato è costituito dai rappresentanti delle diverse componenti a carattere economico e sociale della società civile...".
È la prima volta che nei Trattati della Comunità europea si fa esplicito riferimento alla società civile; è il riconoscimento del ruolo del CES quale canale istituzionale nel processo decisionale dell'Unione, delle esigenze e delle aspettative dei cittadini europei espresse attraverso i diversi organismi e associazioni cui appartengono.
Mi è sembrato fosse uno dei modi migliori di onorare la memoria di Giovanni Malagodi e di esprimergli la mia gratitudine.
CONTRASTARE L'EUROSCETTICISMO
Dobbiamo purtroppo riconoscere che il ferreo europeismo sempre dimostrato dagli italiani - che però non avevano mai approfondito i tanti problemi che la costruzione dell’Europa unita comporta – si va affievolendo a causa di una crisi che fa percepire l’UE come un problema e non come la soluzione sperata.
Ciò nonostante, tre italiani su quattro non vogliono uscire dall’euro.
In aprile, una delle più importanti innovazioni del Trattato di Lisbona, l'Iniziativa dei "Cittadini Europei” (ECI), è stata realizzata dopo la tanto lunga negoziazione concernente procedure e condizioni.
Sia il Comitato Economico e Sociale (EESC) che quello delle Regioni (CdR) sono convinti che si tratti di un buon passo in avanti verso la democrazia partecipativa che, in quanto tale, può costituire un contrappeso alla crisi della democrazia rappresentativa.
La percentuale dei votanti per il Parlamento Europeo è purtroppo esigua. Se i Governi nazionali si impegnassero a far comprendere che l’Europa dei Cittadini non è un’utopia ma un obiettivo reale e realizzabile, l’opinione pubblica potrebbe acquistare una maggiore consapevolezza della situazione, incentivando la società civile a sostenere a livello transnazionale la partecipazione a questa indispensabile iniziativa.
Prima di tutto può diventare un incentivo consentendo a chi è impegnato nel coinvolgimento dei cittadini a collaborare in rete. Secondo: può influenzare il triangolo istituzionale: Parlamento, Commissione, Consiglio. Infine potrebbe cooperare con la Commissione per il successo dell’iniziativa stessa, prendendo parte attiva nelle campagne di propaganda e sensibilizzazione.
E’ importante investire sui cittadini comunicando con loro in modo efficiente, che quanto proposto è una sfida trasparente, non offuscata da altri programmi politici e che l’obiettivo che ci si è posti o ci si pone può essere raggiunto.
Beatrice Rangoni Machiavelli
IL PACCHETTO MONTI
Ho passato 32 anni con incarichi di responsabilità istituzionale all’Unione Europea.
Come rappresentante dei Consumatori, il Commissario al Mercato Interno, Mario Monti, era il mio interlocutore, mentre il supporto del Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, Giorgio Napolitano, è stato essenziale al fine di portare al successo il mio impegno per il riconoscimento del ruolo della Società Civile nella Revisione dei Trattati di Roma (art. 257 – Nizza 2000), prioritario per realizzare una democrazia partecipativa e avvicinare l’UE ai cittadini.
A Bruxelles c’è la buona abitudine americana di riunirsi la mattina presto al breakfast per discutere i problemi sul tappeto nel Parlamento Europeo o nelle altre Istituzioni.
Un gruppo di giornalisti italiani aveva chiesto di incontrare il Commissario Mario Monti. Ho avviato il dibattito dicendo che avevo compreso il sistema Monti per far approvare le sue proposte.
Ne presentava un pacchetto nel quale erano presenti iniziative che per alcuni Paesi erano essenziali e che, pur di ottenerle, erano disponibili ad approvarne altre poco gradite.
Con un sorriso il Commissario disse: “Non è proprio così, ma riconosco che c’è del vero”.
Credo che la grande maggioranza degli italiani sia consapevole di quanto grave sia la situazione dell’Italia nell’ambito di una Europa in crisi e di un Occidente travolto dai cosiddetti “mercati”, cioè la speculazione finanziaria e le banche.
Il Governo Monti nasce in un periodo paragonabile a quello dell’Italia del dopoguerra; secondo alcuni non siamo sull’orlo di un baratro, siamo già nel baratro. Le macerie sono quelle dei valori, dei principi, del rispetto delle leggi, dell’etica nella politica.
Il 90% degli italiani ha fiducia nel Presidente della Repubblica; il 70% nel Professor Mario Monti: se queste percentuali fossero anche quelle dei responsabili politici, potremmo sperare nella piccola luce che si è accesa in fondo al tunnel.
17/11/2011
Beatrice Rangoni Machiavelli
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